
In un’era in cui la crisi del lusso sembrava inevitabile, ecco che la haute couture risorge come una fenice dalle ceneri del consumismo sfrenato. Mentre i grandi marchi del lusso annaspano tra vendite in calo e clienti sempre più esigenti, l’alta moda ritrova la sua scintilla, puntando su artigianalità, esclusività e innovazione.
Una Crisi Sociologica Ciclica?
La crisi sociologica ciclica della moda di lusso è un fenomeno affascinante che rispecchia i cambiamenti culturali ed economici della società. La haute couture, nata nella seconda metà del XIX secolo con figure pionieristiche come Charles Frederick Worth, ha rappresentato sin da subito un simbolo di esclusività e artigianalità. Questi capi, creati su misura per una clientela élite, incarnavano l’apice del lusso e della creatività.
Tuttavia, la moda del lusso ha attraversato diverse crisi nel corso della sua storia. Una delle prime significative si è verificata durante la Grande Depressione degli anni ’30, quando il crollo economico globale ridusse drasticamente il potere d’acquisto delle classi abbienti. Nonostante ciò, la moda del lusso riuscì a sopravvivere, adattandosi ai tempi con capi più sobri e funzionali, pur mantenendo l’eleganza che la contraddistingueva.
Un’altra crisi importante si verificò durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Con l’Europa in rovina e la necessità di ricostruire intere nazioni, il lusso sembrava superfluo e fuori luogo. In questo periodo, molti atelier chiusero i battenti, ma alcuni, come Christian Dior con la sua rivoluzionaria collezione “New Look” del 1947, riuscirono a rivitalizzare il settore, puntando su un ritorno alla femminilità e al glamour.
Negli anni ’70 e ’80, la moda di lusso dovette affrontare la crescente democratizzazione dello stile e l’ascesa del prêt-à-porter. La moda del lusso sembrava un residuo del passato, incapace di competere con la velocità e la convenienza della produzione di massa. Tuttavia, stilisti visionari come Yves Saint Laurent e Jean-Paul Gaultier seppero reinventarsi, fondendo l’artigianalità con un approccio più moderno e inclusivo.
La crisi più recente è stata quella del 2008, quando la recessione globale ha colpito duramente tutti i settori del lusso. Anche in questo caso, la moda di lusso ha saputo trovare nuove strade per emergere, puntando su valori come la sostenibilità, l’innovazione tecnologica e il ritorno alle radici artigianali.
Dopo una flessione durante il periodo del Covid, si è aperta una nuova fase, in cui i consumatori contemporanei cercano non solo esclusività, ma anche autenticità e responsabilità sociale, valori che la haute couture è riuscita a integrare nel proprio DNA.

I Segnali della Crisi del Lusso
Negli ultimi anni, diversi segnali hanno indicato che la moda di lusso sta attraversando una crisi significativa. Tra questi segnali ci sono le contestazioni pubbliche contro grandi marchi, i continui cambiamenti dei direttori creativi delle principali maison, il crescente mercato del second-hand e una mutata percezione del lusso tra i consumatori.
Un caso emblematico di contestazione è quello che ha coinvolto Hermès, in particolare riguardo alle liste d’attesa per le sue iconiche borse, come la Birkin e la Kelly. Questi accessori, simbolo di lusso e status, sono noti per essere estremamente difficili da ottenere, con liste d’attesa che possono durare anni. Recentemente, si è sollevato un dibattito pubblico sul sistema sotteso a queste liste, accusato di essere opaco e di favorire i clienti più influenti o facoltosi. Alcuni consumatori hanno espresso frustrazione per la mancanza di trasparenza e per la sensazione di essere trattati in modo ineguale.
I continui cambiamenti di direttori creativi nei marchi di lusso sono un segno evidente di un mercato in crisi. Questi avvicendamenti riflettono non solo l’incertezza del settore, ma anche le dinamiche complesse all’interno dei gruppi che hanno acquisito le maison storiche. Spesso, chi gestisce i numeri e le strategie aziendali fatica a comprendere appieno le esigenze e le visioni creative che guidano il successo di questi brand. Le pressioni per ottenere risultati finanziari immediati possono soffocare l’innovazione e la creatività, elementi cruciali per mantenere l’identità e l’appeal del lusso. Questa tensione tra la necessità di profitto e la libertà creativa porta a un turnover elevato tra i direttori creativi, che spesso non riescono a esprimere appieno la loro visione artistica, lasciando i marchi senza una direzione chiara e coerente.
Un altro segnale di crisi è il boom del mercato del second-hand, che ha coinvolto anche il settore del lusso. Piattaforme come The RealReal e Vestiaire Collective hanno visto una crescita esponenziale, dimostrando che i consumatori sono sempre più propensi ad acquistare capi di seconda mano, anche quando si tratta di prodotti di alta gamma. Questo fenomeno non solo sfida l’idea tradizionale del lusso come qualcosa di nuovo e inaccessibile, ma risponde anche a una crescente consapevolezza ambientale tra i consumatori, che preferiscono opzioni sostenibili.
La mutata percezione del lusso è un ulteriore segnale di crisi. I consumatori di oggi cercano esperienze uniche e autentiche piuttosto che semplici beni materiali. Vogliono sapere che i loro acquisti sono etici e sostenibili, e che i marchi con cui si associano condividono i loro valori. Questo spostamento di paradigma ha costretto i brand di lusso a rivedere le loro strategie, puntando su trasparenza, inclusività e responsabilità sociale.
Anche le difficoltà finanziarie di alcune case di moda di lusso indicano una crisi in atto. Alcuni marchi storici hanno dovuto affrontare cali nelle vendite e ristrutturazioni aziendali per adattarsi ai nuovi tempi. L’impatto della pandemia di COVID-19 ha ulteriormente esacerbato queste difficoltà, riducendo il numero di eventi e sfilate, e cambiando radicalmente il modo in cui i consumatori interagiscono con i brand.

Affinché Tutto Cambi Bisogna che Tutto Rimanga Come È: È Vero Anche per la Haute Couture?
La Chambre Syndicale della Haute Couture, guidata da Pascal Morand, sta esplorando nuovi orizzonti per adattarsi ai tempi che cambiano. Durante una recente intervista, Ralph Toledano ha rivelato che sono in corso discussioni per aggiornare i requisiti delle sfilate, con l’intenzione di ridurre la frequenza degli eventi senza compromettere le rigide linee guida sulla produzione. Questi nuovi parametri potrebbero vedere la luce già entro la fine dell’anno. Nel frattempo, circolano voci su possibili ritorni nel mondo della Haute Couture: nomi come Givenchy, Lanvin e Saint Laurent potrebbero tornare a stupire con le loro creazioni artigianali e sperimentali.
In un panorama dominato da un ready-to-wear sempre più uniforme e, in certi casi, di qualità discutibile, la Haute Couture rimane un baluardo di eccellenza e creatività. Questo settore non solo continua a rappresentare un laboratorio di design innovativo, ma è anche sinonimo di una qualità artigianale impareggiabile. Parte del suo successo può essere attribuito alla sua sostenibilità intrinseca: lavorando manualmente e garantendo un’esclusività superiore, la Haute Couture non è soggetta alla stessa pressione di produrre enormi margini di profitto. Invece, può permettersi di crescere in modo organico e autentico, mantenendo intatta la sua essenza.
Proprio per questo motivo, la Chambre Syndicale ha deciso di non posticipare il calendario delle sfilate per le Olimpiadi, scegliendo di affrontare le sfide logistiche che la concomitanza degli eventi comporta. Con una gestione più dilatata delle sfilate, la prossima edizione promette di essere ancora più vivace e innovativa, dimostrando che la moda di alta classe sa sempre come reinventarsi e rimanere rilevante.
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